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Domande da non fare MAI a chi scrive

Se ne abbiamo voglia ve lo diciamo noi

Danielle Lazarin nell'articolo "The Ambiguous Loss of (Probably) Not Selling My Novel" pubblicato su Literary Hub racconta la parte più oscura della vita di chi scrive: il tempo di attesa che segue l'invio di un testo agli editori, la delusione per i rifiuti, le vendite del libro (scarse o addirittura inesistenti).

Tutto questo è avvolto da un silenzio quasi assoluto, perché c'è il rischio concreto di dover ammettere il fallimento.

Siamo così entusiasti quando arriviamo alla fine di un romanzo! Sappiamo che forse non è capolavoro, ma è la cosa migliore che siamo riusciti a scrivere; ci abbiamo messo tempo, fatica, energie e una parte di noi stessi.

Però c'è un problema: per quanto il nostro romanzo ci stia a cuore, per quanto "ci crediamo", c'è sempre l'incognita di come verrà accolto dagli altri. E c'è sempre qualcuno che, per quanto in buona fede, ci metterà in difficoltà con quelle che sono senza dubbio le domande più temute da chi scrive:

  • hai trovato un editore per il tuo romanzo?

  • quante copie hai venduto?

Per questo spesso prevale la prudenza e preferiamo tenere per noi le nostre "imprese" letterarie.

Danielle Lazarin prende in considerazione anche due frasi "consolatorie" - diciamo così - di coloro che vorrebbero sostenerci moralmente, frasi che in realtà ci irritano e basta:

  • "anche (titolo di libro famoso) è stato ripetutamente rifiutato dagli editori, prima di avere successo": è una narrazione tossica, perché lascia intendere che ci siano in giro una quantità incalcolabile di capolavori ignorati, che nessuno leggerà mai. Insomma: uno su un milione ce la fa; d'accordo, e gli altri? Inoltre fa passare gli editori per degli imbecilli, e anche questo non è proprio un bel pensiero.

  • "qualcuno comprerà il tuo romanzo": quando diciamo che il romanzo non vende, non è auto-commiserazione, ma un dato di realtà. Nessuno lo compra e basta.

Alla fine il sentimento prevalente è "la vergogna di sperare", perché si finisce per passare per degli illusi e per dei falliti. Il rischio è che venga meno lo slancio verso la scrittura, che alla fine è l'unica cosa che alimenta la speranza stessa e ci fa perseverare, nonostante delusioni e fallimenti.



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